Poteva nascere una storia, certo, ma la gestazione è stata lunga. Ogni tanto emergeva, non saprei dire da dove, un frammento che si univa ad altri frammenti per comporre blocchi più corposi. Sembravano informazioni incoerenti e non connesse tra loro: una casa che poteva essere quella in cui abitavano i personaggi che ancora si chiamavano A e B, un brigadiere di polizia che tendeva ad assomigliare a una persona che avevo conosciuto, articoli del codice civile, una concessionaria automobilistica. E Milano.
La città che vedevo, però, non era quella di oggi. Era quella in cui la nebbia si spingeva fino in centro. Era nelle immagini in bianco e nero che trovavo in Internet, una in particolare, quella di un vigile che dirige il traffico in piazza del Duomo in un giorno d’inverno. Due profili: una macchia piccola e scura il vigile, una sagoma più grossa sullo sfondo, il Duomo. Intorno l’insieme grigiastro della nebbia. Quando l’ho vista ho capito che ero arrivato. Lì abitavano A e B, lì lavorava il mio brigadiere di polizia, lì erano successi i fatti che si stavano accumulando in disordine sparso sul mio quaderno.
Se rileggo adesso quelle note, mi sembrano dei messaggi in codice: “concessionaria Ford”, “nome brigadiere Ernesto / commissariato via Panizza”, “art. 151 c.c., modif. 1975”. Eppure, invece di complicarsi, tutto diventava più visibile. La nebbia si stava diradando. Soprattutto emergeva con chiarezza il periodo storico nel quali le vicende dei miei personaggi si sarebbero svolte: il 1967.
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